APPROFONDIMENTI TEMATICI SU STRUMENTI D’IMPRESA
PERCHE’ L’IMPATTO?
“Count something and make it count” è uno slogan dell’impresa sociale e della comunità dell’impact investing…. ma come notoriamente è stato detto:
“Non tutto ciò che può essere contato conta e non tutto ciò che conta può essere contato” (Einstein)
Cercare di quantificare e monitorare l’impatto sociale e tradurre tale volontà in metriche e modelli specifici corrisponde a una delle sfide maggiori che gli imprenditori sociali stanno affrontando. Per questo lo sviluppo di una strategia di misurazione si può rivelare come un compito estremamente arduo e anche molto costoso, che richiede tempo ed è senza dubbio complesso.
A tale proposito, nel corso degli ultimi due decenni, sono stati sviluppati diversi approcci e metodologie anche per indotta aspettativa e richiesta della nascente industria dell’impact investing e della finanza sociale. Nonostante l’ampia proliferazione di approcci e attori impegnati sul tema, rimane il nodo di cosa sia più adeguato per ogni impresa in termini di costi, processi, gestione e risultati attesi.
Uno dei rischi avvertiti dagli imprenditori è che il focus sia a volte troppo orientato sulla metodologia, “sul come” tanto da essere distratti da quello che in realtà dovrebbe orientare la stessa (il genere di impatto diretto e indiretto per i vari stakeholders che si vorrebbe fare emergere) ovvero “sul cosa”. Se da una parte i finanziatori, siano essi donatori e investitori, hanno l’esigenza di quantificare il più possibile anche quello spazio di intangibili che di per sé sfugge a metriche standardizzate, gli imprenditori sono più sensibili ad avvicinarsi e abbracciare la cultura della misurazione, se il processo individuato e i risultati attesi sono strumentali alla gestione dell’impresa stessa (mgmt tools). Misurare l’impatto significa poi anche “raccontarlo” e comunicarlo in modo adeguato.
Come garantire che la valutazione dell’impatto diventi un mezzo per perseguire un fine piuttosto che un’operazione fine a se stessa? Come mantenere il processo gestibile e conveniente? Quali opzioni sono da considerare tra le tante disponibili? Quanto dovrebbe spendere un imprenditore per procedere nella misurazione d’impatto? Come affrontare questo tema così articolato e complesso? Queste sono alcune delle domande attorno alle quali si articolerà il lavoro dei gruppi sul track IMPATTO SOCIALE.
PERCHE’ FINANZIAMENTO?
You Attract The Right Things When You Have A Sense Of Who You Are
Capire quale sia il “giusto” capitale ed accedervi è un dilemma che prima o poi rientra nelle priorità strategiche dell’impresa, se non all’inizio perché può capitare che alcune risorse a dono siano disponibili per il “setting up”, sicuramente nel corso della vita dell’impresa; con la crescita e il consolidamento sul mercato, è verosimile che le riserve allocate allo sviluppo generate dalla sola crescita endogena non siano sufficienti. Le fonti di capitali possono essere molteplici e così i “fornitori” degli stessi; compiere una scelta e arrivare a non pentirsene, trovare l’interlocuzione giusta, proporsi nel modo adeguato sono elementi fondamentali. Non è sufficiente che l’imprenditore e il suo team siano un mix di talenti fra intuizione ed esecuzione, che abbiano individuato una soluzione dirompente per risolvere un problema sociale, che ci sia il “blending” giusto fra equilibrio economico e impatto sociale.
Capire la dimensione del capitale, degli investitori, dei finanziatori, dei donatori richiede una riflessione che entra nel merito del presente, ma soprattutto di come e con chi si vuole costruire il proprio futuro e di come ci si vuole proteggere da ciò che viene definito “mission drift”, ma anche dalla sindrome del “free money”. Per molti investitori l’eccessiva dipendenza da grants nel corso della vita della impresa può “viziare la disciplina aziendale”. Secondo Brittney Riley, Manager of Global Programs di Village Capital – un accelleratore e investitore accreditato a livello internazionale – “Any company that gets free money has to be really disciplined to use that most effectively. You’ll see some companies that have had $400,000 in grants and haven’t done really anything….”.
Attirare i capitali più adeguati e gestirli come da aspettative, richiede dunque la formulazione di una strategia precisa, di tenacia, pazienza, di buone competenze e anche banalmente fortuna. Non esiste una strategia universalmente migliore di altre, ma che risponde meglio a certe aspettative. In questo track il confronto con realtà e competenze specifiche forniranno insight e strumenti per predisporsi al meglio per la raccolta delle risorse finanziarie.
PERCHE’ LA TECNOLOGIA?
Wael, siriano, intervistato da Agence France Presse sull’isola greca di Ko nell’ottobre 2016, dichiara
“I nostri telefoni sono per noi più importanti di qualsiasi altra cosa, anche del cibo”
La tecnologia negli ultimi 2 anni ha assunto valenza strategica, anche a livello mediatico, per come è stata letta, declinata e impiegata nella gestione delle tante dinamiche dei flussi migratori e processi di integrazione. Molte giovani imprese sociali sono nate facendo leva sulla tecnologia e i suoi utilizzi.
I migranti sono profondamente “connessi” e per tale motivo le soluzioni proposte con la leva e grazie alla tecnologia digitale possono avere un enorme moltiplicatore così come un sostanziale impatto.
Ricorrendo ai nuovi strumenti “smart”, ma anche dispositivi a basso costo, i migranti possono accedere a servizi, piattaforme, applicazioni per potersi integrare nei paesi di passaggio e destinazione, imparare la lingua, cercare un lavoro, continuare il percorso educativo, lanciarsi in qualche percorso imprenditoriale…
Le nuove soluzioni tecnologiche disegnate da giovani imprenditori locali e migranti toccano diverse fasi: stabilirsi in una nuova casa, orientarsi tra i servizi locali, inserirsi nel mercato del lavoro o nei percorsi di formazione; alcune di queste si sono strutturate come imprese con un crescente accreditamento sul mercato. A partire da alcune testimonianze e dall’analisi di alcuni modelli di innovazione tecnologica, i gruppi di lavoro saranno sollecitati a indagare “le luci e le ombre”, le opportunità e i rischi, le potenzialità e i limiti dell’uso/abuso della tecnologia.
PERCHE’ STORYTELLING E BRANDING?
Lo storytelling non è solo funzionale a creare il Pathos, indicato da Aristotele accanto a Ethose Logos, come uno dei modi per persuadere, appellandosi all’universo delle emozioni, ma se veicolato in un certo modo, può trasformare e migliorare le competenze e lo sviluppo dei prodotti e servizi e quindi l’intero posizionamento sul mercato. Per questo lo abbiamo voluto intenzionalmente associare al branding e in modo più diffuso alla cultura d’impresa. Che lo storytelling sia il modo più efficace per veicolare il proprio branding è ampiamente accettato ed è altrettanto vero che il marketing di prodotto sta passando da un certo modo di fare advertising alla promozione attraverso le storie. Lo storytelling può creare una cultura d’impresa particolare, rivolta al mercato, partendo dal profondo senso di sé e in molti casi portando ad una visualizzazione di ciò che conta o che è percepito come tale (per questo motivo questo asse è anche legato all’impatto, alla sua misurazione e valorizzazione).
Disegnare la strategia di storytelling più adeguata per la propria impresa comporta un’analisi trasversale (dall’immagine che si vuole far emergere, siano esse storie, numeri, impatto, soluzione proposta rispetto a ciò che esiste o non esiste ancora, persone dentro e fuori l’impresa e canali di veicolazione). Nella contemporanea congestione di immagini e informazioni, a volte contradditorie, distorte e contrastanti, fare prevalere le proprie è uno sforzo titanico. E la vera novità sono le soluzioni rispetto alle sfide e ai problemi. In questo track, partendo dai business case selezionati e da testimonianze, si porteranno i partecipanti a vivere la vera esperienza di un efficace storytelling e come lo storytelling sia una leva straordinaria di posizionamento per la propria impresa.
PERCHE’ PARTNERSHIP?
Quanto rendere strategiche le relazioni può rafforzare il posizionamento, trasformarlo, renderlo più efficace, aprire nuovi percorsi, segmentazioni di prodotto e servizio? Questo e altro quanto ci proponiamo di esplorare nel track dedicato. Le imprese sperimentano ogni giorno queste possibilità, lungo la propria filiera, nei processi e nelle competenze. Vi sono imprese che si disegnano e partono dalle allargate collaborazioni con altri attori, al punto da creare un’impresa corale nelle aspettative e nell’identificazione dei prodotti, altre che operano in modalità incrementale. Creare partnership è comunque una strategia fondamentale per finalizzare la soluzione (es. competenze esterne/outsourcing dell’innovazione), per potenziare la distribuzione (es. canali di vendita aggiuntivi), per far emergere la propria value proposition (es. veicolazione branding) per posizionarsi in generale sul mercato e diventare più competitivi. Partendo da casi che hanno saputo costruire il proprio prodotto e la propria caratterizzazione facendo leva su partnership strategiche, si entrerà nel merito del perché e come una strategia delle partnership può essere fattore di successo dell’impresa.